nomi

la mattina l’ho passata in una sala d’attesa dove per farti respirare in un tubo ti chiamano per cognome con un tono che neanche gli appelli a scuola. ora mi è arrivato un sms di quei simpaticoni di telecom che dice:
«i tuoi dati anagrafici non sono registrati. per evitare blocchi alla tua carta recati subito al negozio tim più vicino. riceverai un buono di 10euro il 01/12/04».
lasciando da parte questo minaccioso accenno a fantomatici blocchi (perché dovrebbero bloccarmi un numero che ho da tre anni e mezzo?), non so se ritenermi lusingata del fatto che conoscere la mia identità, per questa azienda dei telefoni, valga 10 euro. posticipati.

quanto non mi piace vivere in un mondo dove la norma è considerare la gente cretina.

mi piacerebbe viaggiare leggera

e invece da b. torno sempre con borse piene di cibo e di libri di quand’ero giovane (quando non di un gran magone – ma del resto di famiglia ognuno ha la sua, come diceva la mia amica i. in modo solo apparentemente lapalissiano).

Giardinobagnatotutto ciò non c’entra, o non molto,* con il monday bud blogging; c’entra invece l’odore di giardino bagnato, per me l’odore più proustiano che ci sia (qui si inserirebbe un odorama, potendo).
ma perché è così odoroso il giardino bagnato? non sarebbe male reperire qualche elemento di spiegazione scientifica di questo fenomeno così travolgente.

(*ci sarebbero da mettere in conto la zucca a righe, la giardiniera, la marmellata di castagne.)

mi sento veramente un po’ male

Nomore

ho appena letto sul sito della bbc (link) che è morto john peel. ma non era eterno, john peel? no, non è giusto.

per chiunque ami la musica e per chiunque ami la radio è una perdita enorme. il mito delle peel sessions per me si era rinverdito da quando la connessione di casa permetteva di sentire lui, the man himself, in diretta, sempre avanti anni luce rispetto alle nostre orecchie – ma non c’era mai tempo, non l’ho ascoltato abbastanza. e ora, che connessione ci vorrà?

in questi giorni

sui weblog che leggo si è verificata una strana concentrazione di post che parlano di maternità: chatiryworld, babsi jones, monsieurdosto.

il tema m’interessa perché mi trovo involontariamente impegnata – quale trentaseienne accoppiata ma inappropriatamente childless – in una silenziosa battaglia contro la necessità per le donne di giustificarsi se non hanno o non vogliono figli. le argomentazioni, volendo, possono essere numerose, ma secondo me si parte da un dato di fatto abbastanza semplice: ci sono persone che desiderano essere madri (anche persone di sesso maschile, ci dice monsieurdosto!) e altre che non ne sentono il bisogno, non si sono mai immaginate come genitori, e quindi tendono a non diventarlo, perché la loro vita non le conduce in quella direzione. davanti a questo, non di rado, scatta una pubblica riprovazione che tende a radicalizzare, per reazione, il rifiuto di riprodursi «a comando», e si finisce nella solita logica del dito puntato: «tu sei diverso!» vs. «sì e sono contentissimo di essere diverso», quando sarebbe tanto meglio essere sanamente gli uni diversi dagli altri accettandolo senza rinfacciarselo ogni cinque minuti. insomma, il succo per me è che queste sono scelte personali, visto che non c’è in gioco la sopravvivenza della specie; per contro sono soggette a una forte pressione sociale e un umile «preferirei di no» è estremamente malvisto, o quantomeno considerato un approccio molto superficiale alla questione – come sembrerà, sono sicura, anche il presente paragrafo… 27.08 – it’s only fair to translate for katherine, since i linked to her weblog… besides her post, i recently read two more blog entries about wanting or not wanting children (those are in italian – i don’t know what google will make of them). babsi doesn’t have children, and she seems to see this as a consequence of being entirely devoted to writing, no regrets. monsieurdosto is so happy to be a father that… he’s sorry he won’t ever feel what it’s like to give birth. as for me, i’m glad to see different and free-minded approaches to this subject, and to know that today having children is a matter of choice. but i’m not glad to see that preconceptions about women who just don’t feel like it, whatever the reason (i happen to be one of them at the moment), are very, very common – and i’m not talking about katherine’s comments on her colleague (the colleague’s remarks were arrogant and rude, if anything) but about me feeling such a strong pressure from my extended family and friends: be like us, be like us, be like us, the seem to mean when they say: isn’t it time to be a mother? (ok now, if english speakers go back to google, i won’t take offense.)