l’ex ospedale psichiatrico

paolo pini di milano, ad andarci solo di sera per gli spettacoli (come la lettura da elsa morante del teatro delle albe la settimana scorsa), resta un luogo misterioso, accogliente come un parco e inquietante come una struttura dismessa. questa volta si entrava nella ex mensa, un padiglione piastrellato che sa di muffa.
letto negli stessi giorni il racconto che dà il titolo a mandami a dire di pino roveredo.

poi ho anche visto constantine, che un po’ c’entra e un po’ no – se lo vedi fino alla fine aspettando le apparizioni di tilda swinton, vieni ricompensato dal lucifero («lou») dai piedi neri interpretato da peter stormare.

forse

«forse, come si dice, le anime di coloro che abbiamo perduto vanno davvero a rinchiudersi nelle cose inanimate.  assenti, finché non avvertono la nostra vicinanza e ci chiamano per farsi riconoscere, per farsi liberare dalla morte.  forse, davvero, il tempo non può essere ritrovato con un ordine dato dalla memoria, ma rivive solo attraverso la sensazione strana, spontanea, che proviamo ritrovando l’odore, il gusto, il sapore di un qualsiasi accessorio inerte del passato.»

(norman manea, «il tè di proust» in ottobre, ore otto, il saggiatore 2005)

vedendo la neve

mi ricordo il giorno dopo, quando i. mi ha accompagnato in montagna per vedere se fosse andata lì. c’era la neve e il posto dell’estate era diverso, mai visto prima. per non rischiare  di slittare con la macchina abbiamo fatto a piedi l’ultimo pezzo, dalla scorciatoia, con scarpe non adatte, l’aria che pungeva. la casa era sola, ad arrivare così sembrava di disturbare. non mi aspettavo di trovarla. non aveva le chiavi. (tracce non ce n’erano. ho pensato alla lepre morta che una volta mio papà ha trovato sotto il terrazzo, d’inverno.)

viggo e i suoi fratelli (+ more 80s music)

(att., spoiler)
a history of violence
: una storia (clinica, si potrebbe dire), un passato di violenza, ma anche «una storia della violenza», quasi una teoria della violenza: un film stilizzato – già il piano sequenza iniziale sembra fatto per intrecciare inestricabilmente la violenza alla quotidianità –  con una sceneggiatura che sembra una dimostrazione geometrica, perché la violenza le è necessaria. se tom non fosse stato joey, non potrebbe compiere il suo atto di eroismo. se tom non tornasse a essere joey, ancora e ancora, i suoi figli rimarrebbero orfani. la violenza esiste, non può non esistere, può essere accettata, può essere addirittura perdonata, ma non c’è mai un pareggio, la violenza crea un continuo squilibrio tra ragione e torto, tra moralità e immoralità, e il residuo c’è sempre, la colpa.
penso che il film di cronenberg mi abbia fatto particolarmente impressione perché solo domenica scorsa avevamo visto il primo di una montagna di dvd in prestito, lupo solitario (the indian runner, 1991) di sean penn, ispirato a highway patrolman di springsteen, film nel quale il personaggio di viggo mortensen, sempre lui, torna dal vietnam – come già in riflessi sulla pelle? o era la seconda guerra mondiale, o la corea… – e dice al fratello poliziotto: non capirò mai perché se lo fai tu sei un eroe, se lo faccio io mi sbattono in galera. (quella di frankie non è la violenza eletta a sistema dalla malavita, ma la reazione di chi non si adatta, di chi non può davvero mandar giù che il mondo sia com’è.) nothing feels better than blood on blood – ma le occasioni di smentire il ritornello proprio non mancano, nella stessa canzone, figuriamoci nella vita (r.: è grave che mi sia immedesimata in tutt’e due i fratelli? p.: è strano che tu ti sia immedesimata nei fratelli…).
volendo, confrontare il finale dolente ma caldo del film di sean penn con quello devastante di cronenberg. siamo sempre dalla parte del fratello «buono» – solo che qui il fratello buono ha appena fatto saltare le cervella a quello cattivo.


a come acqua

un dotto contributo del giardiniere a questi «lunedì vegetali» (io più tardi magari ne inserirò uno, letteralmente, terra terra. intanto anche untitled io mi ha aggiornato privatamente sul contenuto del suo balcone – a lei decidere se metterne a parte l'universo mondo; chiunque abbia un weblog ovviamente può aderire al mbb).
questa settimana le lussuose immagini proposte da s. galleggiano a pelo d'acqua e, per chi vuole, dall'acqua fanno emergere figure simbolo – rispettivamente – della vita, del sesso, della morte.

Lavita  Ilsesso  Lamorte

(del quadro di waterhouse – acqua anche nel nome dell'autore! – ho tenuto questa bella immagine anche se è un po' tagliata. chi condivida la mia fissa sul confronto delle riproduzioni artistiche in rete può vedere, per esempio:
manchester art gallery
jwwaterhouse.com
un sito sui preraffaelliti)

a found sketchbook

found among the things of someone who can’t tell me about it.
i guess she must have found it in turn; i don’t know when – no later than 2001, not sooner than 1997, i think – and i don’t know where: in england or wales, probably in london, but… forgotten on a bus? thrown away? among books in a charity shop?
i'm so curious because, in fact, i know whose this is. it’s a book of sketches and notes for the stage design of a theatre production, and inside the cover the designer wrote her address and the theatre’s.
maybe the luzern stadttheater production of the elixir of love is long gone – I couldn’t find it listed on the internet – maybe ms jacqueline gunn (hers are the lovely pictures below) doesn’t care anymore about having her sketchbook back.
but, i wonder: should the finder have sent it to the cover address? should i do so now? do i have the right to be here posting this?
(oh, if the author could read this and tell me! or maybe she could tell me: take it off your site, immediately, and burn it…)

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