rupert everett come sherlock holmes

venerdì scorso ero così esausta (dopo appena 5 giorni di lavoro) che ho guardato la tv, non riuscendo proprio a fare altro.  e così mi sono appiattita davanti al gustoso caso delle calze di seta, ambientato nel 1902 per poterla passare un po’ più liscia con telefoni, profili psicologici, diagnosi di perversione sessuale e anacronismi vari.  a parte questo, una dignitosa produzione bbc con ian hart molto carino al suo secondo ruolo come watson, ed everett volta a volta maledetto (poco, ma quel pallore e quel cilindro alto al cimitero… approvo) o faccia da schiaffi (per lo più).  l’avevo proprio perso di vista* e ormai si stenta a credere ai suoi trascorsi di attore serio, no?  però me lo sono guardato con un certo affetto e complicità.  se ai tempi di another country e ballando con uno sconosciuto incarnava con il suo broncio la nostra giovanile inquietudine, forse poi ha scelto di invecchiare con noi e prestare la sua faccia strana (una volta pareva bellissima, ora è proprio strana e basta) al nostro bisogno di svago postimpiegatizio.  qualcuno deve pur farlo.
per la cronaca, son già ridotta che prima di dormire riesco a stento a leggere 10 pagine dell’ispettore morse prima di sprofondare nell’oblio.

* ecco un sunto (non si capisce scritto da chi).

su lichtenstein che cita artisti precedenti e avanguardie

pare che la mostra di colonia recensita domenica dal financial times sia parente di è proprio quella vista mesi fa alla triennale di milano, benché il titolo sia diverso. comunque, ecco una chiave di lettura sensata:

The results can by dry in their precise artifice, but they are never nostalgic. That is why Lichtenstein still looks especially fresh in historic European museums. Here one is aware that only an American could have so courteously, calmly, generously, definitively smashed European modernism, yet assimilated it into the postwar international aesthetic that continues to influence how art is made and seen now.

Jackie Wullschlager – Engagement with modernism
via www.ft.com

(la mostra mi era piaciuta, ma forse a causa di quel “dry” non ne avevo scritto nulla?)

è passato un mese

fa freddino e ho preso il raffreddore, inoltre sono schiava di un impulso di riordino/eliminazione di fuffa domestica ed elettronica e devo ripartire per qualche giorno, ma volevo almeno innalzare un requiem alla piccola nikon che ha illustrato il blog per 6 anni: ha dato “errore obiettivo” appena prima delle vacanze (che tempismo). in spagna ho provato a usare la panasonic di p. ma fa molte più cose e non mi sono accorta che era impostato il formato panoramico! sarò costretta a evolvermi, o a soccombere…
per la cronaca, i gatti invece stanno bene.

sul balcone

sfrutto finalmente la poltroncina artigliata dai gatti e il primo soffio d'aria della giornata per segnalare:

pop group gratis a torino il 10 settembre, sempre nella rassegna mito, il giorno prima di john cale.
saremo abbastanza vispi per passare il fine settimana scorrazzando di qua e di là? si vedrà.

per ora l'energia non basta neppure a postare le illustrazioni del primo novecento che avevo scansionato prima dell'onda di calore; inoltre mi aspetta un'altra settimana piena di grane prima delle sospirate ferie, quindi darei addirittura appuntamento a dopo ferragosto, ritemprata dall'atlantico spagnolo, spero. olé.

c'entra solo perché da parte di madre pepe carvalho è galiziano: non avevo mai letto montalbán, sto un po' rimediando alla lacuna… dal tipo di seguito che ha temevo gialli più stereotipati, invece è pieno di cose belle. cloni italiani di montalbán, vergognatevi. ecco la memorabile pagina della metropolitana dei mari del sud.
ora batto in ritirata perché una zanzara mi ha punto un dito piccolo del piede sinistro, ciao.

la mostra delle foto di kubrick

a palazzo della ragione alla fine l’ho vista, l’ultimo giorno –  il catalogo era finito, era finita pure la brochure – aggirandomi turista fra i turisti in una milano torrida (ma è normale che ci siano tanti turisti? oggi sono entrata in 2 negozi di scarpe in via torino e c’era pieno di americani. segnalo sandali artigianali fiorentini da marco a 39 euro).
le foto dei servizi di k per la rivista look le ho guardate proprio religiosamente ma, dopo una prima sequenza molto rapina a mano armata e quell’altra bellissima sulllo sciuscià di brooklyn (e rocky marciano, sbirciato sulle stampe digitali che ornavano i muri – ma perché non mettere quel reportage in mostra?), l’adorazione è un po’ rientrata nei limiti dell’interesse per le foto d’epoca (insomma, che cosa non ci interessa, oggi, di una foto del ’47?) e della discutibile impostazione di una rivista d’attualità romanzata: un po’ fotoromanzo, a dirla tutta, e a giudicare dall’impaginazione dei servizi fotografici.
così è un po’ difficile dire se le raccapriccianti foto della debuttante e quelle buffe della coppia in viaggio in portogallo siano pura satira o concessione al gusto della rivista e del suo pubblico; e anche le immagini delle varie università/istituzioni per l’infanzia non si scostano molto dalla macchietta (benché ce ne siano alcune con scienziati pazzi degni di stranamore, e una trionfale incursione tra i freaks di un circo).

da vedere, comunque; addirittura trionfalmente se si tramuta in scusa per stare fuori casa e andare a mangiare il fritto misto. ma comprare uno dei libri curati da reiner crone, p. es. quello phaidon che si trova su ebay? boh, chissà.

un sabato mattina a milano

Pink alla lush avevano capito tutto, mi hanno pure appioppato un campione di sapone rosa… annusarlo potrebbe forse aiutare un po' a riprendersi dalla mostra di paul mccarthy.  mi sono ricordata di andarci dopo aver letto susner, ed effettivamente lo spazio di palazzo citterio a brera ha dell'incredibile. ciò che ti segna di più forse è ritrovarsi a guardare il quieto, luttuoso autoritratto all'ingresso sotto la minaccia di urla terribili provenienti dal sotterraneo (terrore incombente che tutte le dementi nefandezze della decadenza messa in scena da mccarthy forse non arrivano a eguagliare – benché insomma, fra tutte le sgradevolezze organiche cui ci si può trovare di fronte a una mostra, questo è un bel vertice, va detto).

esci e per un attimo ti torna la gioia di vivere, finché non arrivi in piazza del carmine a constatare l'effetto del negozio di marc jacobs che ne monopolizza il lato sinistro: non ci sono manufatti particolarmente oltraggiosi ma il tutto stride, non va. il bar, poi, l'hanno messo all'estremità più vicina alla chiesa. se ci si aggiunge la quantità abnorme di tavolini con cui il ristorante di fronte invade il sagrato, eccoci a dire ciao ciao a una delle piazze più belle di milano (per la cronaca: poche, milano non è una città di belle piazze). 
all'angolo per fortuna resiste il negozio tradizionale delle scarpe da sciura milanese: garlando (che per la comodità consiglio, mentre quelle di mj le sconsiglio – chissà perché la protagonista delle herbes folles di resnais si va a comprare le scarpe proprio dall'americano, con tutti i negozi che ci sono a parigi).

bemporad e pinocchio

Pinocchio Ad2 finché l’estate è fresca bisogna che ne approfitti per fare le scansioni – tra l’altro adesso sono più tranquilla perché ho prenotato un’improbabile combinazione di voli faidate per una vacanza in spagna (edreams che non dici la compagnia low cost fin dopo la prenotazione, ti odio. compagnie low cost che caricate 20 euro per una valigia, vi odio altrettanto).
dopo tanto odio, un po’ d’amore: io il pinocchio illustrato da mussino non ce l’ho (come si sa, il mio era quello salani), ma sul retro copertina di due libri bemporad  (che stranamente recano entrambi la data del 1909 – forse non si indicavano le ristampe?) ho 2 belle pubblicità di quel fatidico 1911.

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