
in un meraviglioso formato (almeno 1:1,85) a fare un bel film. però control di anton corbijn va visto perché, superato il fatto che non è un rock movie – fin qui tutto bene, non è elettrizzante, ma si evita un bel po’ di retorica – e che è tratto dal libro della moglie, e da lei coprodotto – qui invece si scivola in una specie di scene da un matrimonio di scarsissimo interesse – resta l’impressione che un film così sazi un inesausto bisogno di immagini di allora, di tutte le immagini che non abbiamo dei joy division. corbijn riporta nella sua fiction l’inghilterra e gli interni anni 70 dei reportage di martin parr. trova un attore sulla cui faccia si può fare un film anche senza raccontare praticamente nulla, se ne infischia di motivazioni artistiche, dinamiche di gruppo musicale, contesto culturale, persino delle visioni interiori del suo personaggio che qualsiasi regista con più fantasia avrebbe cercato di indagare. non so che ne abbiano pensato i gotici spaventati guerrieri che vedevo entrare al secondo spettacolo (film di cannes a milano). di musica ce n’è il minimo indispensabile, di leggenda forse anche meno. ci sono delle immagini, che nel loro essere così volutamente costruite a tanti anni di distanza risultano inopinatamente autentiche.
visioni
capita
ieri mattina una bancarella del mercato ha restituito per un euro lolita sceneggiatura di nabokov, edizione con apparati extra fatta per il piccolo teatro in occasione dello spettacolo di ronconi del 2001 (non visto).
stasera in televisione proprio il film di kubrick (notoriamente diverso dalla sceneggiatura scritta da nabokov, ne mantiene però letteralmente alcuni dialoghi).
al luna pac
alla scoperta di luigi serafini: la pittura non mi piace tanto quanto, nella stessa vena, mark ryden, però le installazioni e sculture sono bellissime: gli hirundomani con le converse nere, la donna carota, i practical puns: conigli e cubigli, i bovindi. vedere per credere. (noi ci siamo entrati come pinocchio nel paese dei balocchi, un pomeriggio uscendo dal parco, un po’ per caso.)
join the seraphinians.
serafini e i blog.
ci sono solo le mezze stagioni
sarà anche colpa mia, che mi lamentavo del contrario, se abbiamo avuto questa bizzarra lunghissima primavera in cui portare soprabiti mai messi prima, camicette invece di maglioni, giacche leggere?
adesso però è addirittura estate, e invece di star qui al computer vengo assalita da mal di testa da sbalzo di temperatura (in questo caso guardo molta tv, per esempio mi capita di vedere una sera christiane f. e la sera dopo life on mars, coincidenza utilissima per meditare sulla natura della musica di david bowie come colonna sonora), oppure benevolmente deportata fuori.
ieri addirittura in trasferta in località amene, altrettanto benevolmente costretta a confrontarmi con altri esseri umani, ho scoperto che il film le vite degli altri non è piaciuto a g. e m.
ma perché? mi pare di aver capito: perché è un film troppo risolto, che affronta il suo argomento come un tema già acquisito, metabolizzato. perché nella berlino della ddr c’era sempre brutto tempo e dopo il crollo del muro splende il sole. perché il riscatto di tutta la storia attraverso la letteratura è una soluzione borghese e convenzionale. ma in sostanza: perché la messa in scena che io ho percepito, sì, come abbastanza commovente e accattivante da vincere un oscar, ma anche abbastanza pudica e ben fatta da convincermi, a loro è sembrata retorica e convenzionale. (non però a un’altra amica, spettatrice ben poco indulgente, e neanche al mio compagno di visioni e a garnant, che tra l’altro sanno di cose tedesche ben più di me).
ci sarebbe di che fare un’analisi del film per capire quali sono davvero gli elementi linguistici che possono portare il giudizio in una direzione e non in un’altra (e forse anche a non perdonare, in una sceneggiatura, una metamorfosi troppo radicale di un personaggio).
alla mostra di jl sieff
(galleria sozzani) c’è un ritratto di nico, visibile anche in questa pagina di foto di nico fashion model, pre 1965 (ci sono anche alcune copertine di riviste italiane degli anni 50).
onirico
il cinema di fiction lo è per sua natura. bizzarro però aver visto nel giro di pochi giorni the art of sleep, che tematizza il sogno in una commedia, e inland empire, ancora un lynch capace di scaraventarti a capofitto negli incubi di qualcun altro, e anche questa volta con una donna protagonista di odissee (conoscitive) che di solito cinematograficamente sono maschili.
(io intanto mi sveglio la mattina sognando che provo a lavorare a maglia e non sono più capace, o che mangio un dolce buonissimo di cui so la ricetta e poi nel sogno mi sveglio e la dimentico, e solo scrivendolo in questo momento mi rendo conto che deve averci a che fare il libro di cui sotto.)
kaurismäki
visto la settimana scorsa le luci della sera e rivisto oggi juha, che mi ricordavo molto poco – in entrambi ci si strugge sentendo le temps des cerises (come in porco rosso).
quando si va a vedere le mostre
al pac di milano, una delle cose belle (oltre la mostra) è la lunga vetrata del pianterreno che dà sui giardini di villa belgiojoso. ora, per la personale di grazia toderi, a sorpresa si trovano dei bellissimi vetri neri che filtrano il paesaggio come una specie di eclisse. e al piano di sopra c’è nata nel ’63, con la bimba-bambola che cerca la sua orbita ispirata dell’allunaggio del ’69.
(le videoinstallazioni sono belle, ma sarà voluto che quelle grandi siano così sgranate? di nuovo la mia crociata anti-dvd nei luoghi pubblici.)
casino royale
la sequenza dei titoli è di daniel kleinman, che dice di essersi ispirato alla copertina originale del romanzo, disegnata dallo stesso fleming.
la mostra di buzzati
alla rotonda della besana pensavo finisse oggi, invece è prorogata fino all’11 febbraio. ci sono andata ieri, spinta da un affetto di vecchia data (probabilmente, anzi, ereditato da mio padre).
ci si trova dentro un mondo visivo veramente pop nell’uso di forme come l’illustrazione, la vignetta, il fumetto, l’ex voto, ma con la peculiarità che l’uomo era in realtà un surrealista nato nel 1906. il suo distacco e/o senso dell’umorismo si addice a entrambi i casi.
qualche tavola di poema a fumetti (il libro dovrebbe essere negli oscar ma, al contrario dei libri «veri» di buzzati, non risulta disponibile).
rintracciati almeno 3 usi dello spaccato architettonico di cui si parlava a proposito di perec.