scacchisti canadesi e zii tailandesi

al cinema mi sono lasciata sfuggire l'adèle blanc-sec di besson (è andato così male che è sparito dopo 2 settimane… che sia tanto brutto?). sono dunque rimasta a digiuno di effetti speciali, e invece mi sono capitati…

ivory tower di adam traynor è in realtà la creatura cinematografica di chilly gonzales, che prima della proiezione ha gigioneggiato al piano in vestaglia grigia e pantofole. un film molto carino con il classico sapore dei film indipendenti americani del ceppo di hal hartley, per intenderci, più supplemento di spaesamento canadese. piaciuta pure peaches come attrice. ciò che ha lasciato spaesata me però è l'appiattimento estetico: il grigiore generale andrà benissimo per dipingere la casa di famiglia e un campionato di scacchi di serie z in una palestra, per carità, ma il fatto che un film premiato a locarno abbia una fotografia così banale mi fa effetto. (o magari era la nostra proiezione, pure in digitale, a farlo sembrare così.)

quanto a lo zio boonmee che si ricorda le vite precedenti, palma d'oro a cannes 2010, purtroppo mi sono rivelata impermeabile alle suggestioni orientalistiche. tutto resta così slegato e criptico – non criptico strano, ma criptico in una strana quotidianità dei fantasmi – che non riesco a considerarlo un film riuscito. qui povertà visiva più studiata e cercata, ma che non arriva davvero costruire un mondo… mi resta il sottile fastidio di non avere in realtà capito cosa ci sia sotto.

(è stata invece una settimana in cui sono stata più reattiva alla comunicazione diretta: a sentire giorello in tv dalla dandini e vendola a milano per sostenere pisapia, ho avuto una sensazione di autenticità di idee e riscossa della ragione che mi ha quasi smosso dal letargo novembrino)

 

de oliveira allo spazio oberdan

per la serie (non esiste, ma potrebbe) «che cosa fecevo un anno fa»: continuo l'immersione nelle bozze di post mai pubblicati.

12.10.2009

ho visto il principio dell'incertezza e francisca, entrambi tratti da romanzi di agustina bessa-luís; il secondo risulta in commercio in edizione italiana e davvero viene un po' curiosità di vedere come siano i testi da cui de oliveira riesce a trarre i suoi apologhi antinaturalistici.

cambellotti, seconda e ultima puntata

ecco qualche scansione ripescata dall’estate e da una bozza negletta (altro clima e persino altro scanner): con questi 2 libri raggiungiamo il fondo del piccolo fondo cambellottiano ereditario (prima puntata).
unico rappresentante in nostro possesso della bibliotechina della lampada mondadori è raggi di sole di hedda. la cosa più spettrale dei bimbi cambellottiani (nei risguardi della collana) stavolta non è l’occhio trasparente ma il fatto che i volti delle 2 pagine sono solo leggermente diversi.

questo libro di fiabe bemporad ha la copertina morbida veramente malridotta.  la cosa bella è che è tutto stampato in nero e rosso (a pensarci bene, un po’ come i risguardi della bibliotechina), con illustrazioni al tratto.

ps  imminente una mostra romana su DC illustratore.

inception di christopher nolan

dopo matrix, existenz, dodici scimmie (tutti più belli), ecco un altro film con una tecnologia che permette di entrare e uscire da un mondo parallelo. stavolta quello del sogno.  l'invenzione del «sognare insieme a qualcun altro» è bellissima, davvero, e il film dà per scontato che quella certa valigetta esista e funzioni.  però, visto che lo scenario dei sogni può essere costruito a piacere… perché farne un grande omaggio ai film di 007? l'inconscio americano non sarà mica tale da poter sognare solo stereotipati set di film d'azione, no?
leonardo di caprio fa un personaggio straordinariamente simile a shutter island di scorsese, quando appare michael caine si fa fatica a non pensare che sia il suo maggiordomo, ellen page spiegazza parigi (e in qualche modo, su quel ponte, mi è parsa rievocare qualcosa di ultimo tango) ma alla fine ha poco spazio, marion cotillard prigioniera di un personaggio un po' tedioso, e nel complesso si sta tanto nel sogno che a questo film manca un mondo… reale.
in compenso mi è piaciuto proprio tanto ken watanabe e ho riconosciuto tom berenger dopo un secolo che non mi capitava di vederlo al cinema.