p come psicoanalisi, palle

oggi giaccio malata, ma mi trascino al computer per pubblicare un «doppio» nell’abbecedario del giardiniere: una p controversa, in partenza autocensuratasi in favore di p come potature – ma c’erano altre possibilità: p come pratoline; p come progetti, per sapere che cosa faccia nella vita questo giardiniere… finché non è riemersa dall’inconscio e dall’archivio di s. l’immagine che cercava, con quelle belle palle borchiate e quella gemma lucida che fa capolino in mezzo. a ognuno susciti pure le associazioni che si merita!
io come al solito ringrazio per il contributo, che contiene un suggerimento bibliografico e un’immagine complementare a queste. (comunque oggi, avendo la febbre, non dico che ho delle visioni mitologiche ma quasi… e sono reduce da notti in cui il Sogno si è scatenato alla sua massima potenza.)

Palle

è un fatto che il mondo vegetale ha sempre affascinato gli umani per le sue infinite possibilità di trasformazione e trasfigurazione. «dèi andavano un tempo», dice il poeta, e la vista degli uomini a quei tempi era come dilatata: apollo insegue dafne e lei si trasforma in alloro per sfuggirgli; zefiro spacca la testa a giacinto e apollo lo trasforma in un fiore (giacinto, di cui già si è detto un lunedì); narciso… be’ di narciso sappiamo fin troppo bene come è andata; ma forse non tutti conoscono la storia di come un cinghiale – o era marte in false sembianze? – lascia adone stecchito e venere lo trasforma in anemone, il fiore tinto dal suo sangue. e filemone e bauci? furono trasformati in cipressi? e chi si ricorda? il mondo vegetale è un mondo fluttuante come il nostro subconscio. non so se conoscete groddek: il giardiniere ha un debito nei suoi confronti e dedica alla sua memoria questa p del suo abbecedario, strizzando un occhio anche ad avi sul cui tavolo della cucina un giorno ha trovato questo.

p come potature

questa settimana, oltre al consueto post alfabetico, mi giunge da s. la notizia che il giardiniere ha trovato un amico: ma certo, il contadino di voglia di terra (e anche lui ha parlato di potatura), ottimo sito che in effetti conoscevo ma non avevo mai linkato nel monday bud blogging – dovrei fare un post di navigazione con un po’ di link a tema vegetale, uno dei prossimi lunedì.

stiamo potando. armati fino ai denti con motoseghe, trattori, cestelli, soffiatori, cartelli, tute, guanti, elmetti. c’è qualcosa di più stressante di un cantiere di potature su strada? richieste, uffici, permessi, autorizzazioni, divieti. e poi pareri opinioni: e il tecnico, e l’assessore, e il politico, e l’uomo della strada. state tagliando troppo, troppo poco, bene, male, certo che i contadini di una volta loro sì che, possiamo prendere un po’ di legna? e tutto in dialetto… devastante.

e io sogno lei. noi stavamo «facendo un giardino» secondo la consolidata quanto detestata formula tutta italiana che vuole il giardino come somma di siepe, tappetino e aiuolette, acero giapponese, cedro del libano e magnolia sempreverde. ed ecco lei, di là dalla recinzione. non so da dove sia comparsa coi suoi attrezzi semplici. assorta nel lavoro, precisa nei tagli, rapida ma mai sbrigativa – e non escludo che al contempo avesse qualche pentola sul fuoco… – lavorava sicura. come qualcosa che sapesse fare da sempre. non avevo mai assistito alla potatura di un pesco come a un esercizio zen.

o come…

è un lunedì veramente tetro. stare in ufficio fa venire così sonno che preferirei dissodare qualche aiuola a scopo coltivazione diretta anche se non è stagione, fuori al freddo, con le scarpe pesanti. oggi l’inventario del giardiniere oscilla tra filari ordinati e quel simbolo del selvatico che è l’ortica – forse un po’ meno selvaggia da quando è ingrediente sbandierato di sciampi e ravioli (ma a toccarla da viva, si prende la sua rivincita).

Ortocondominialeorti o ortica? «to be rational or to be natural?» questo è il dilemma. per selvatico che voglia apparire, un giardino sarà sempre un artefatto. un orto-giardino a maggior ragione. ho come l’idea che siano state le piante ad addomesticare l’uomo e non viceversa. dalla coltivazione della terra sono nate così tante arti… dalla delimitazione di un campo la geometria. dall’osservazione dei cicli vegetali lo studio degli astri. dalla proprietà di un pezzo di terra la scienza del diritto. dall’entità di un raccolto e dal confronto con quello dell’anno prima i numeri e l’algebra. da un pisello la genetica!

sarà come sarà. piante e giardini ci stregano a tuttora e siamo divisi fra un villandry che sazia corpo e anima e l’ortica che si intreccia al latte di gallinaornithogalum umbellatum – e sfama vermi e lumache. senza bisogno delle nostre cure.

n come…

Unmarediocchi

n come… non lo so, e dunque mi regalo una visione di primavera. un tappeto precoce di «occhi della madonna». si chiamano proprio così! mille occhi di uccelli che guardano il cielo e se ne infischiano di nomi e alfabeti.

questi fiori si affacciano immancabilmente alla mia memoria e nel mio immaginario accompagnati a quelli – altrettanto minuti e stupefacenti – del «centocchio dei campi» o «mordigallina» che gli anglofoni chiamano scarlet pimpernel.
adoro le erbacce e questi piccoli fiori – nonostante si tratti «solo» di fiori di campo (fiori di marciapiede, ormai!) e nonostante ne abbia imparato i nomi: veronica persica, anagallis arvensis, galinsoga parviflora, chelidonium majus

ecco: n come nomi.
se un giorno perdessi la vista, mi rimarrebbero i nomi.

(ma come, «non lo so»? dopo tanto parlare di abbecedari, io
lo sapevo benissimo, a che cosa doveva corrispondere la lettera n in
questo gioco alfabetico-naturalistico del lunedì. non ho suggerito… però vedo che il giardiniere è arrivato alla stessa conclusione. questo
post di s. invita a pensare alle piante dell’infanzia, e io ne ho una
senza nome: quelle foglie pelosette verde scuro, un po’ a forma di
cuore, che si attaccavano ai vestiti e quindi si usavano per inventare
costumi e ornamenti. non ho veramente idea di che erba possa essere.)

inverno

Inverno

come per lo scorso cambio di stagione, il giardiniere-fotografo ha mandato come viatico un’immagine – delle sue: sobria, stilizzata – commentandola tra l’altro con le parole della canzone di bruno martino che, come si sa, si intitola estate ma parla bene dell’inverno (mi piace da pazzi, sempre piaciuta).
dal canto mio ho dovuto osservare che saranno sì caduti mille petali di rose, ma la neve non copre un bel niente. pazienza. da piccola scrivevo delle poesie sulla neve e con una vinsi anche un premio, non so i bambini di adesso come facciano. forse non scrivono poesie, e forse è anche meglio così.
però un’appropriata atmosfera invernale probabilmente mi manca un po’, perché sabato, dopo aver scoperto che l’ufficio del catasto non apre più il sabato mattina, ho avuto una scusa per fare un giro alla libreria lì vicino, e mi è venuto da impadronirmi del librino dei peanuts snoopy features as the winter wonder dog dove ci sono molte strisce che ricordavo dal vecchio albo rizzoli fiocca, la neve fiocca (per intenderci, quelle del pattinaggio su ghiaccio e quelle in cui snoopy giace coperto di neve sul tetto della cuccia). temo molto il mese di gennaio: con oggi finiscono tutte le vacanze.