si concludono con lo sherlock holmes di guy ritchie, che si lascia vedere con piacere e fin dalla caratteristica di proporre alcune scene 2 volte, a diverse velocità o da diversi punti di vista, denuncia il suo carattere di pastiche citazionistico-postmoderno (ambito in cui io continuo a sguazzare avendoci imparato a nuotare negli anni 80 – il che gli conferisce ai miei occhi, paradossalmente, una certa gustosa autenticità) ma poi si risolve in un film d'azione senza troppe complicazioni (neppure il classico holmes tossico), quindi adatto anche agli undicenni o giù di lì, numerosi in sala.
wikipedia ci dice tutto sia sul personaggio sia sul film, dunque non è che dobbiamo star qui a fare faticose ricerche o sfoggio di erudizione; certo, ognuno ha i suoi holmes preferiti e, dal punto di vista dell'interprete, io ho sempre avuto un debole per jeremy brett.
nel complesso, ho un po' rivalutato robert downey jr (avevo un pregiudizio datato 1992, per via di charlot) che entra peraltro nel novero degli holmes macchiettistici, non dico alla michael caine ma quasi, e soprattutto mi sono crogiolata nelle scenografie.
infatti quanto a materia per sognare (perché di questo si tratta) una cupissima londra vittoriana, il film fa il paio perlomeno con from hell, il david copperfield di polanski e sweeney todd di tim burton; il tower bridge in costruzione è quasi copiato dal ponte sulla manica degli extraordinary gentlemen di alan moore.
ma soprattutto, dobbiamo parlare degli stivali indossati da rachel mcadams nella scena finale: sono identici ai miei ma sembrano avere un tacco leggermente a rocchetto, cioè migliore. ora, se non sono belstaff, perché ci somigliano tanto? se lo sono, perché hanno quel tacco lì? la questione è grave.
urgh, riponevo speranze nella serie bbc whitechapel (cominciata stsera su sky), ma è brutta.
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