volevo appuntarmi due cose

Annefrank_1su quante volte ho letto da piccola il diario di anna frank, su quella volta che non sono entrata nella casa di anna frank, sulla madre di anna frank che è morta ad auschwitz il 26 (sì, il 26) gennaio del 45 mentre il padre è vissuto un giorno di più ed è tornato ad amsterdam, ma le ragazze no perché erano a bergen belsen e c’è stato tempo perché morissero là a febbraio o marzo. per dire anche di tutti quelli di cui non si sa.
però radio popolare ha tradimento ha fatto sentire di nuovo le voci dei reduci e mi è venuto da piangere, e poi mi si è piantato firefox (devo ammetterlo: sul mio powerbook a volte firefox si pianta, quando ho molti tab aperti).
consiglierei dunque ai passanti di correre a leggere il post di garnant e a vedere le foto di katherine.

ieri notte ho scritto mentalmente un post

sul tema: «cose da non fare quando si passano le consegne di una mansione in ufficio».
era livoroso, quindi dev’essere una fortuna che me lo sia dimenticato e non abbia alcuna voglia di scriverlo davvero.
forse perché stamattina mi sono disintossicata andando non in ufficio ma a parlare (pur sempre di lavoro, è vero) a una classe di diciotto giovini.
ma voi insegnanti come fate? ho finito a mezzogiorno e sono tuttora esausta, un po’ agitata, e ho mal di gola. dei tempi delle supplenze avevo dimenticato gli effetti collaterali.

oltre a tutto il resto

(guarda se non avevo ragione a essere di umore poco festivo), è morta susan sontag. e io ho perso gli appunti della volta che parlò al teatro franco parenti, circa 1997. il tema era quello dei suoi libri sulla malattia, e lei – che oltretutto aveva già avuto un cancro ed era lì a parlarne – mi colpì moltissimo.

il presepe

che si faceva dai miei era bello: abitava nel camino, aveva un foglio stellato per il cielo, capanna di legno e paglia, statuine di cartapesta zoppe e vecchiotte – anni trenta, se è vero che vengono da quando mia mamma era piccola -, un pezzo di specchio per il laghetto e molto muschio, che allora in montagna c’era e si poteva prelevare a cuscinetti senza troppo incidere sull’ecosistema (o senza porsi il problema). come molte miniature, è una rappresentazione che ha il suo fascino; peccato essere cresciuti, viene da pensare a volte, e aver lasciato andare in malora una piccola tradizione calda; peccato essere cresciuti, ed essere quindi costretti ad apprezzarne in pieno le connotazioni
esecrabili (trovarsi ieri a casa di un  compagno di scuola di p. che al bambino di quindici mesi, che non sa ancora parlare, insegna a indicare «maria» e «giuseppe» nella capanna, calata tra le cornici d’argento celebrative di una vita di professionisti lettori di storiografia di destra). e anche, giusto essere cresciuti, pensare alla palestina oggi e vergognarsi, come diceva bene ieri mirumir.

suggestioni olandesi

i miei consumi tendono a essere monotematici ed eterodiretti, non riesco a porvi rimedio. qualche settimana fa, quando c’era la pubblicità e**elunga di zero zero fette, mi è venuta voglia di fette biscottate, dopo anni che non ne mangiavo. bene. quelle che ho trovato nel negozio sottocasa erano di marca italiana, ma di tipo «olandese» (buone).  poi, vacanza ad amsterdam e abuso di burro di arachidi.  ora, faticosa ricerca d’informazioni per quel passo verso l’età adulta che è il mettersi in casa in robot da cucina (in realtà è un passo incontro al mio bisogno di straziare i vegetali, non necessariamente una cosa adulta). viene fuori che quello che mi va bene è philips. risultato: mi trovo circondata da ricette che richiedono l’uso di formaggio gouda.

c’era una volta la grafomania

Grafiecasualitadopo aver curiosato tra i campioni di grafia raccolti da ale e babsi, mi sono accorta con un certo raccapriccio di non avere un campione recente della mia scrittura, se non scarabocchi deformi buttati giù in treno o in piedi. insomma, sono anni che non scrivo su carta, se non promemoria e liste della spesa: c’è quasi sempre un computer.

questo l’ultimo reperto utile – 1999. fuga dall’inchiostro.

in un impeto nostalgico, allora, ho passato allo scanner qualche vecchia paginetta. (volendo si possono anche leggere. con indulgenza.)

Grafieroma   Grafieromacilento  Grafiemobilita

non sempre i fine settimana

portano sorprese. e invece stavolta, se già ero contenta di un sabato pomeriggio come di vacanza e di novità, in cui non mi sembrava neanche di essere a/di milano (be’, comunque io in effetti non sono di milano), tornare a casa e trovare un’email che mi annuncia un insperato concerto dei legendary pink dots domenica non poteva che rendermi più contenta (oltre a inquietarmi un po’, ma è normale).
dunque, la stessa giornata in cui ho dovuto recarmi al paesello e andare a messa (sì, ho dovuto) si è conclusa con edward kaspel a strillare  «our lady’s selling tissues for the tears, for all the years of blessed rape in the name of our sweet lord» – davanti a cento persone se contiamo anche i baristi, i venditori di cd e la cassiera. ma tra costoro, totalmente imprevisto, si è manifestato il bel viso del cultore di suoni strani a cui devo molti dei grilli che ho per il capo: non ci vedevamo da sei o sette anni, neanche a metterci d’accordo ci saremmo riusciti. L’abbiamo lasciato ad aspettare di parlare con kaspel e silverman mentre noi correvamo a prendere la novanta, con in mente l’ultima bottiglina di birra rossa rimasta nel frigorifero.

a mezzanotte in punto

il gatto è schizzato via dal ginocchio di p. con un’unghiata feroce, si è sentito uno strano rombo, la cornice della finestra ha tremato e la piantana dell’alogena ha oscillato. stamattina ho trovato che il castello di eymerich di evangelisti era caduto dalla libreria (giuro).