è nel settimo (dalla parte di boulevard saint-germain). insomma, si arriva lì, e dopo anni di ostelli fuori mano e sordidi alberghi vicino alla gare du nord ci si ritrova con tutto – musei, cinema del quartiere latino – raggiungibile a piedi, sempre. ha il suo bello: se c’è qualcosa di cui lamentarsi, è l’imbarazzo di essere circondati da tutti quei negozi di design italiano e lussi babilonici, quando ci si sentirebbe più a proprio agio in un mercato del ventesimo. è la sensazione di essere come una puntina da disegno piantata prevedibilmente sul metrò di rue du bac, tracciate due direttrici che andando, per dire, dalla tour eiffel alla bibliothèque, da montparnasse a montmartre si incontrerebbero proprio lì.
si ha un bel volersi sottrarre ai luoghi comuni, ma persino p., alieno da prevedibili sentimentalismi, si lascia scappar detto che «il métro ha odore di parigi» (perdonabile, lui perlomeno in gioventù si è esercitato al salto dei tornelli, mentre più disciplinatamente io al massimo collezionavo i biglietti gialli – ora sono viola). e non vogliamo forse prenderci qualcosa seduti alla terrasse di un caffè? in quei caffè no, non ce la faccio, pur passandoci davanti più volte al giorno, non so se per giusta repulsione o, in fondo, per negarmi qualcosa – mi merito forse di stare a casa di a.? no – ma del resto basta qualsiasi altro bar a causare il salasso di cifre improponibili per la terribile broda che sono diventati i café-crème montati a cappuccino, e dunque a far rinsavire qualsiasi aspirante parigino.
eppure si torna ad aspirare a qualcosa, quando dal divano del piccolissimo appartamento si vedono proprio quei tetti a incorniciare un quadrato di perfetto cielo di francia. quando si impara a tenere il passo sulla strettissima scala a chiocciola del vecchio palazzo, e a far scattare nel modo giusto la serratura del portone.
quando si impara quando e dove sono i mercati della zona, anche se ci si va sapendo di non poter comprare troppa frutta, perché in verità, per quanto si aspiri o addirittura si faccia finta, il frigo va tenuto sgombro: dopo qualche giorno si va via.
(illustrazioni di autore ignoto da le français langue 2, ghisetti & corvi 1979 – colorate a mano da una me stessa tredicenne)





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