la casa di a.

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è nel settimo (dalla parte di boulevard saint-germain).  insomma, si arriva lì, e dopo anni di ostelli fuori mano e sordidi alberghi vicino alla gare du nord ci si ritrova con tutto – musei, cinema del quartiere latino – raggiungibile a piedi, sempre.  ha il suo bello: se c’è qualcosa di cui lamentarsi, è l’imbarazzo di essere circondati da tutti quei negozi di design italiano e lussi babilonici, quando ci si sentirebbe più a proprio agio in un mercato del ventesimo.  è la sensazione di essere come una puntina da disegno piantata prevedibilmente sul metrò di rue du bac, tracciate due direttrici che andando, per dire, dalla tour eiffel alla bibliothèque, da montparnasse a montmartre si incontrerebbero proprio lì.

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si ha un bel volersi sottrarre ai luoghi comuni, ma persino p., alieno da prevedibili sentimentalismi, si lascia scappar detto che «il métro ha odore di parigi» (perdonabile, lui perlomeno in gioventù si è esercitato al salto dei tornelli, mentre più disciplinatamente io al massimo collezionavo i biglietti gialli – ora sono viola).  e non vogliamo forse prenderci qualcosa seduti alla terrasse di un caffè? in quei caffè no, non ce la faccio, pur passandoci davanti più volte al giorno, non so se per giusta repulsione o, in fondo, per negarmi qualcosa – mi merito forse di stare a casa di a.? no – ma del resto basta qualsiasi altro bar a causare il salasso di cifre improponibili per la terribile broda che sono diventati i café-crème montati a cappuccino, e dunque a far rinsavire qualsiasi aspirante parigino.

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eppure si torna ad aspirare a qualcosa, quando dal divano del piccolissimo appartamento si vedono proprio quei tetti a incorniciare un quadrato di perfetto cielo di francia.  quando si impara a tenere il passo sulla strettissima scala a chiocciola del vecchio palazzo, e a far scattare nel modo giusto la serratura del portone. 

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quando si impara quando e dove sono i mercati della zona, anche se ci si va sapendo di non poter comprare troppa frutta, perché in verità, per quanto si aspiri o addirittura si faccia finta, il frigo va tenuto sgombro: dopo qualche giorno si va via.

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(illustrazioni di autore ignoto da le français langue 2, ghisetti & corvi 1979 – colorate a mano da  una me stessa tredicenne)

9 risposte a "la casa di a."

  1. Superqueen luglio 14, 2005 / 2:21 PM

    I disegni che commentano questo post sono bellissimi, e il colore che gli hai dato da tredicenne li rendono ancora più poetici (e anche nostalgici, se vogliamo).

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  2. rose luglio 14, 2005 / 5:37 PM

    l’autore, fuori l’autore!

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  3. avi luglio 14, 2005 / 7:40 PM

    garnant mi ha tolto di bocca la parola prima che vedessi i commenti . Che meraviglia, che meraviglia, che meraviglia. Ti odio ! sono le frasi da me dette mentre guardava affascinata e stordita a un tempo davanti al computer nella segreteria della scuola.

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  4. Katherine luglio 14, 2005 / 9:22 PM

    Lovely illustrations, I went to Les Deux Magots when I went to St Germain and had an amazing hot chocolate, so rich they served it with a glass of water.

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  5. rose luglio 14, 2005 / 11:00 PM

    I never entered the place, I don’t know why…
    miss B, molto appropriato vedere il post a scuola!

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  6. le bibliothécaire luglio 26, 2005 / 10:29 am

    la casa di m. nel cinquième, boulevard saint-germain all’altezza di Place Maubert, il “digicode”, i gradini di legno della vecchia scala che scricchiolano, i tetti, il cielo sempre colorato, il piccolo frigo che resterà tutto il tempo solo mezzo pieno…, il mercato di barbès, l’IMA e gli innumerevoli jardins… à paris j’y passe encore une nuit le 25 Aout…! d.

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  7. rose luglio 26, 2005 / 1:05 PM

    uh, m. e a. quasi vicini di casa…

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