c'è stato il record store day 2010, ma io non me ne sono accorta prima di leggere qua (vedi a volte, a non essere su facebook), tuttavia proprio ieri ho ordinato – via internet – un disco in vinile. l'acquisto permette il download di una copia digitale dell'album, così stamattina ho potuto cominciare a sentirlo sull'ipod mentre andavo al lavoro. consapevole di desacralizzare l'agognato arrivo della copia, moltiplico almeno le occasioni di ascolto, cosa vitale nella mancanza di tempo… cronica. con tutto il mio atavico attaccamento al vinile e il bisogno che ho almeno della copia in cd di un album – se no mi pare di non riuscire ad assimilarlo veramente – devo dire che non scambierei l'accesso alla cultura attuale con i vecchi tempi. certo, c'è il rischio della dispersione, della superficialità, dell'appiattimento di parole e suoni e immagini in un continuum digitale ma insomma… in casa mia non si sentiva musica, a me invece cominciò a interessare e i primi approcci dovettero passare attraverso questo armamentario e i 45 giri al mercato ambulante del giovedì! pittoresco ma arduo.
ciò detto, mi propongo per il resto dell'anno di fare una piccola statistica su dove compro i dischi. perché la verità è che adoro i negozi di dischi come luogo, ma da troppo ormai: non ho tempo ad andarci; mi intimidiscono perché non sono più aggiornata come un tempo; se ci vado magari non trovo quello che mi serve. mi sono dunque disciolta nei tempi moderni? non so più se i metodi prevalenti della fruizione culturale risultano conformi alla mia attuale mancanza di concentrazione o viceversa.
ascolti
shutter island (con spoiler ovviamente)
sono così d'accordo con la recensione di exit che la pigrizia mi spinge a non aggiungere granché.
per esempio che sto ascoltando la colonna sonora, e anche il disco merita (specie per me alquanto ignorante di musica contemporanea). dettaglio dei
compositori: cliccando sui nomi nell'internet movie database, si scopre che ben 3 compositori e 2 brani figurano anche nella colonna sonora di shining.
dunque cos'abbiamo: citazioni di shining, citazioni hitchcockiana a iosa (in particolare vertigo), un'aria di finzione molto riuscita che aleggia in tutto il film e che si può spiegare sia con gli stilemi del film di genere sia con la trama stessa, eppure secondo me va oltre – non so se volontariamente, magari no.
p. il cameraman, per esempio, attribuisce a un film piuttosto scontato e raffazzonato il fatto che lo scioglimento sia poco plausibile, mentre io trovo inquietante l'accumulo di ulteriori assurdità: l'implausibilità della messa in scena terapeutica (e poi: l'uragano mica era programmato, allora le orribili segrete del manicomio sono vere o finte? sui maltrattamenti – se non sugli esperimenti – aveva ragione il protagonista?); il fatto stesso che teddy sia detenuto in un manicomio criminale pur essendo impazzito a causa del crimine che ha commesso e non abbia commesso un crimine in quanto pazzo; la meccanicità della storia che ricomincia da capo…
non so, saranno cose da horror manicomiale anche i medici che sembrano più matti dei pazienti, ma il tutto risulta piuttosto disturbante, anche se con lungaggini e discontinuità (il primo sogno fa sperare ancora in quei grandi momenti romantici di scorsese, mentre la scena madre finale – cioè iniziale – mi è parsa girata in maniera banale; le scene di dachau sono troppe); e mi è rimasta voglia di rivederlo.
essendo il cinema già onirico per se, un film letteralmente onirico – o psicotico, sempre d'inconscio in primo piano si tratta – bisogna saperlo fare, e in un modo o nell'altro scorsese secondo me ci è riuscito.
(su di caprio non mi esprimo; lo trovo molto funzionale alle cose che gli fa fare ms, ma che mi piaccia come attore non si può dire.)
grazie a dio per i circoli arci
ovvero: aggirarsi per il territorio nell'imminenza delle elezioni regionali.
venerdì alla casa 139: shearwater + david thomas broughton
al secondo posso solo rimproverare di cantare troppo come antony, ai primi di echeggiare suoni di sylvian (ma visto che sylvian non fa più canzoni, potrei anche evitare di lamentarmi) e che il susseguirsi di brani tutti con lo stesso crescendo stufa un po' .
una serata interessante, ma ma non mi addentro in dettagli perché ogni possibile reazione misticheggiante (per la quale in fondo sarei anche portata) mi è stata stroncata dall'icastica frase di p.: «tira un'aria fra gli anni 70 e cielle». una vera cattiveria, no?
sabato alla scighera: paolo botti in albert ayler memorial barbecue. questo fatto che paolo botti il jazz lo suona con viola, banjo e dobro mi rende appetibili anche faccende alquanto ostiche.
qualche settimana fa lo vedemmo, con altra formazione repertorio e con ospite betty gilmore, nella chiesetta del parco trotter; ulteriore occasione l'8 aprile, anche per andare a esplorare un posto qua sotto casa: la fonderia napoleonica.
(ps spero non sfugga la leggera ironia del titolo)
nick cave in piazzale lagosta?
ho la netta impressione che questo sia ispirato a una foto di nick cave, ma non riesco a trovare una pezza d'appoggio in google images…
macché, ovviamente è basquiat – grazie pop life (un nome una garanzia, scusa la battuta facile)
ultima rimpatriata di folk apocalittico
dei concerti della settimana scorsa, ovviamente ho perso quelli divertenti e sono andata a sentire sol invictus sabato.
del resto mi toccava; visti più volte douglas p e david tibet, tony wakeford prima o poi doveva arrivare.
come al solito non ho scritto la setlist, ma somigliava abbastanza a quella di lipsia.
quanto alla riuscita, per immaginarsela si può vedere un po' del concerto di itri dell'altr'anno: per esempio abattoirs of love o sawney bean.
il nostro panzone si è esibito seduto, lasciando buona parte della scena al più vispo andrew king, particolarmente apprezzabile in una gran versione di black easter (lui fa we take death out of the village, we bring summer into the village).
al basso e ogni tanto ai tamburi c'era questa caroline jago, mentre la signora al violino e flauto era un po' l'anello debole (volendo fare del folk, per quanto apocalittico, bisognerebbe essere vagamente più ferrati).
il tunnel ha ripreso a fare concerti, e rispetto agli anni che furono hanno trovato il modo di far funzionare il riscaldamento (sempre pessimo essere cacciati appena dopo il concerto, come se stesse per scatenarsi chissà quale forsennato clubbing).
certo la ship of fools londinese sarebbe meglio (vedo che l'anno scorso c'è andata pure la vera rose!)
concerti
dopo un periodo un po' blasé, mi mette allegria l'idea che a milano la settimana prossima ci siano lunedì i dropkick murphys, giovedì i buzzcocks e sabato sol invictus (be', per quest'ultimo il termine allegria è inappropriato, ma ci siam capiti). a questo punto, vedremo dove mi porteranno gli stivali.
impulsi non proprio avanguardistici, lo so, ma che volete, gennaio è lungo e buio e lo stereo di casa presidiato dai dischi jazz del consorte. (comunque ultimamente canticchio ganesh sound di david s. ware, quindi forse l'esposizione ambientale è utile.)
certo siamo un po’ in ritardo ma…
com'è come non è, saltano fuori the siouxsie christmas videos:
cate le bon
fra i dischi portati a casa in ottobre in ottobre seguendo un po' a caso le raccomandazioni di rough trade east, continuo a sentire più che altro lei: voce tra nico e julie driscoll, amica di gruff rhys, gallese ovviamente.
(gli altri album erano: the young republic e a place to bury strangers, che comunque sono ok)
lunedì c’è bob mould a milano
ci vado?
non ci vado?
(constato con orrore di essere ferma al pur ottimo black sheets of rain…)
mirò update
i think i’ve found roddie harris on youtube, e inoltre: news di una recente reunion arrivata anche poco lontano.