[per ernesto de pascale, 1958-2011]
l’estate dell’85, dunque, avevo diciassette anni. davo l’esame di maturità. andavo per la prima volta a londra, sola con un’amica, con l’alibi conservatore di un viaggio studio. vivevo in un paese piccolo, terminavo il liceo in una città piccola, non avevo una vita sociale degna di questo nome. attendevo di cominciare l’università in un concentratissimo buco nero di aspettative, frustrazioni, estasi adolescenziali.
ascoltavo la radio.
scoprivo tutta la musica che c’era perché me la raccontavano. non esisteva a priori, nella vita quotidiana non ne sentivo da nessuna parte. se la prima storia musicale a catturarmi era partita dalla morte di john lennon e la seconda narrazione sul tema era uscita dalla stilosissima scatola sonoro-visiva di mr fantasy, la terza affabulazione musicale ad agganciare qualcosa dentro di me monopolizzando emozioni cavate da un nucleo inesplorato fu raistereonotte. [e qui scusate se divido il post ma ho intenzione di dilungarmi.]
È difficile spiegare cosa sia Stereonotte ma di sicuro la modulazione di frequenza è un ottimo conduttore di calore ed elettricità
pensata come una versione «alta» della classica conduzione da radio privata fm (flusso continuo di musica pop + presentatore in diretta) allo scopo di fare compagnia a chi fosse costretto a stare sveglio la notte per lavoro o altro, era una trasmissione così ricca di contenuti da fare l’effetto opposto: gli ascoltatori cercavano disperatamente il tempo e l’energia per stare svegli ad ascoltare il loro programma preferito.
Anche questa volta (quando sono trascorsi 26 minuti dalla mezzanotte) è arrivato il momento di perdersi per un po’ nel buio, in compagnia di (no, non Onda Verde) voci simpatiche, pizzichi di poesia ed emozioni varie sintetizzati dalla musica
c’era tutta la musica del mondo, di tutti i generi (la classica obiettivamente minoritaria perché non si prestava alla formula, ma c’era), e poi il piacere di ascoltarla, la voglia di capirla, l’oltraggiosa complicità di fare tutto questo mentre la maggior parte della gente dorme, la libertà di prendere la musica come pretesto per voli pindarici, filosofeggiamenti da ore piccole, tormentoni radiofonici, per poi tornare sempre alla musica, addizionata di tutti i significati che era possibile trovarci dentro.
a suo modo, una forma d’arte.
in quel momento, mi annoiavo tanto di giorno che non mi pareva vero di aver trovato un passatempo notturno, disponibilissima a trascorrere ore intere anche a scoprire musica a cui forse non avrei più dedicato un secondo pensiero.
a posteriori, direi che oltre a compagnia e cose interessanti da ascoltare avevo trovato un bizzarro ma efficace antidoto all’allora impercettibile (ma ora per me chiarissima, almeno riguardo al mio ambiente) freddezza degli anni 80. tutto andava bene, no? e anche chi era giovane pareva quasi dover prendere ogni cosa per scontata – lo stato delle cose, il proprio percorso – in maniera molto blasé. il calore umano era merce rara, sviluppare un’amicizia non superficiale con qualcuno sapeva di trasgressione, parlare di questioni esistenziali era difficilissimo. ma di notte sembrava tutto un po’ diverso.
i conduttori, in genere giornalisti musicali con una decina d’anni più di me, chiacchieravano, si raccontavano, e gli ascoltatori ricambiavano. loro davano l’indirizzo, e la gente scriveva. mica sms. lettere, pure lunghe, scritte a mano, col francobollo. ad arrivare a roma ci impiegavano da tre giorni a una settimana. il fenomeno delle lettere a stereonotte fu a quanto so piuttosto massiccio, tanto che si favoleggiò di pubblicarne una raccolta in volume. (con mio sollievo ciò non avvenne mai.)
19/9 «un grosso bacio ad a. che ha scritto una lettera molto bella, molto tonda»
Aftermath dei Rolling Stones
ero grata delle chiacchiere, ero altrettanto grata della storia del rock che mi si spalancava davanti in tutta la sua ricchezza. l’assimilavo tra sonno e veglia.
5-6/10 «Un altro saluto: una bellissima lettera che mi ha scritto a. da b., in provincia di c.»
1° album dei Velvet Underground (quello bianco con la banana di Andy Warhol – che in origine si poteva sbucciare… questa ed altre storie da e.d.p.).
che si può pensare della persona che per prima ti fece ascoltare per intero l’album dei velvet – venerarla, ringraziarla, sentirsi in debito perenne?
per la cronaca, andai avanti così per un paio d’anni, sinché la cosiddetta vita reale non mi riportò a più diurni ritmi e il debito di sonno andò saldato.
qualche tempo dopo avrei cercato di farci una tesi di laurea, sul meccanismo comunicativo della radio fm, ma l’assistente non fu d’accordo e la tesi, benché di argomento linguistico-radiofonico, si sviluppò su canoni meno peregrini. qualche anno dopo ancora, quel mio ex docente era alla direzione dei programmi radio quando furono aboliti i canali stereofonici della rai.
20/10/85 Un’altra ora è passata, forse di più, e lei è sempre lì, sveglia – sveglia, probabilmente sì. Non si può mai sapere, dopo una cert’ora. Ha scoperto che è particolarmente piacevole stando in una stanza buia guardare la luce della sera, o della notte, filtrare da fuori. Allora ha aperto un po’ l’imposta e si è rimessa a letto, sentendosi un po’ più lucida, un po’, di nuovo, più sveglia. Ma sveglia perché poi. Per sentire qualcun altro sveglio nella notte, e quello che aspettava era probabilmente un’altra trasmissione ‘Mr Magic’, per sentirsi coinvolta in qualcosa di caldo e avere ondate di energia attorno a sé. Frattanto, non dormire è qualcosa di diverso, ci sono occasioni…
3.04. Mai la notte è stata più profonda. Tutti un po’ marziani questa notte? Può darsi…
Un’altra ora è passata. Quasi le 4.30. Più si va avanti nella notte, meno si ha voglia di scrivere. Solo di galleggiare a fior di musica, a fior di sonno
Buonanotte, Ernesto.
Applausi.
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Wow ! La maturità a 17 anni, ecco che si spiegano tante cose di te. Tutte belle !!!
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come si sarà capito ero precoce o matura solo negli studi… eppure mi sembra che rinnegare ogni moto giovanile sia sbagliato, mi toccherà un’opera di discernimento/valutazione di certi vecchi taccuini.
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brava brava brava.
se questi sono i risultati, dilungati più spesso! 😉
sempre bello ricordare gli artefici della nostra formazione, e quando vengono a mancare pare se ne vada davvero una parte di noi. la migliore, quella della scoperta.
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sei ancora tu? non ne sono sicura…ma è bizzarro che tu faccia così, in questo post, un tonfo nel passato proprio nello stesso giorno in cui ti ho mandato una mail. Strana combinazione, i nostri destini si sono sfiorati per una o due stagioni, non ricordo neanche tanto tempo è passato, proprio in quegli anni.
Ricordo anch’io le nottate ad ascoltare radio con la sensazione di essere già grandi!
a presto
simonetta
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qui cominciano ad accadere cose strane…
cara simonetta, molto lieta di averti qui – tra l’altro è con piacere che scopro il tuo blog – ma sono abbastanza sicura che non ci conosciamo (?)
– cari arrivati da facebook, mi lasciate per piacere l’indirizzo della pagina da cui venite? (il referrer è anonimo e non so chi ringraziare per il link!)
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decisamente non ci conosciamo! Scusa c’è stato un piccolo equivoco…il “gancio” è stato tracciamenti.
tornerò a leggerrti con piacere.
Le tue rose sono Pierre de Rosard.
simonetta
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grazie (dei fior)
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che pagina meravigliosa… onde sonore, onde elettriche , sferzate di energia… buonanotte E… perchè la notte è l’inizio di tutto…
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Che bel post.
La sensazione di comprensione di sé che descrivi mi è familiare, specie in questo periodo, visto che da un mese lavoro durante la notte oltre che durante il giorno, e la radio (e stereonotte quando c’è) è sempre lì. Le storie e la musica sono diverse e non ci sono le lettere, però.
Ciao 🙂
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e sei di firenze pure tu, mi pare…
ecco, se siamo qui a parlarne, forse è perché un tipo di comunicazione del genere (d’intensità proporzionale alla fantasia, alla novità, al grado di “messa in gioco” personale) oggi avviene in rete, penso. ma certo la radio di notte (la musica di notte) conserva la sua magia.
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