non stiamo un pochino esagerando? (e se lo dico io.)
comunque ringrazio per l’abbondanza di across the universe, puro rapimento visivo, irresistibile anche se in fondo voleva solo dirti che le canzoni dei beatles sono sempre belle ieri e oggi e in qualsiasi condimento, che la gioventù è una gran bella cosa, che i 60s erano un periodo eccitante (più al greenwich village che a liverpool peraltro). ma del resto, perché non lasciarselo dire da julie taymor, lei c’era e ha pure lavorato con bread and puppet.
mixed reviews
di factory girl si possono solo guardare i vestiti (pare
ricostruiti o ritrovati con cura filologica); è imbarazzante quanto la
protagonista risulti poco carismatica, a dispetto di ciò che viene
ripetuto dall’inizio alla fine del film, la solita banale ricostruzione
di ascesa e caduta di un personaggio di culto, superficialissima e
stravista. (Say what you will about Andy Warhol’s movies —
they may have been boring, but at least they weren’t as dull as as
“Factory Girl”)
il mio preferito, pur nella sua voluta bizzarria, forse resta i’m not there. dovrei rivederlo.
(certo è proprio un gemello di across the universe, comprese citazioni di spettacolo circense – bizzarro, che siano stati girati quasi contemporaneamente.)
Ma secondo te perchè sempre gli anni 60 Rose?
Ci sono epoche che in fondo abbiamo dimenticato o che comunque non hanno delle forme di revival cosi’ frequenti. Alcuni stereotipi epocali ci creano anche qualche imbarazzo. Pensa per esempio alle cose piu’ buie degli anni 80.
Gli anni 60 sembrano avere una capacità mitopoietica inesauribile. Bizzeffe di personaggi che sono diventati icone. Ali’, la Callas, i Beatles,gli Stones, i Kennedy
Non è che questo dipende dal fatto che forse quella è la prima epoca nella quale le immagini incominciano a diventare di massa e quindi iniziano a imprimersi in maniera indelebile nell’inconscio collettivo?
Mah
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Prepariamoci per l’anno in arrivo alle rievocazioni del sessantotto. In confronto ci faranno ridere i quattro libri sul settasette e qualche edizione speciale di Sgt. Pepper.
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forse per l’occidente sono stati veramente il decennio cruciale del dopoguerra (o lo dico perché ho la stessa età di sgt pepper?), vivo di rinascita e cambiamenti, e insieme il primo “massmediatico”. binomio epocale.
chiederò in giro, ma non credo che negli anni 60 ci sia stato molto revival dei roaring twenties; il great devide della guerra l’avrebbe impedito, e non c’era la stessa abbondanza di documentazione in merito.
ma soprattutto i 60s contengono tutta la speranza di quello che volevamo diventare (e che non si è realizzato). tutto era lì, in nuce, il benessere senza sensi di colpa, la democrazia reale, il progresso “buono”. ma non è andata proprio così. per questo ogni tanto immedesimarsi in quell’energia, quell’impegno genuino, quello stile spensierato (quell’ingenuità, volendo, ma quanto consapevole, ideologicamente ed esteticamente) è bellissimo.
voglio dire, dopo averli odiati per anni, anch’io qualche anno fa ho cominciato a mettere i pantaloni a zampa d’elefante, ma il revival degli anni di piombo isn’t so much fun.
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per il 68 ho già dato (fatto catalogo di apposita rassegna cinematografica nel 98).
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e si’ Rose, mi sa che la tua analisi è azzeccata.Tanto è vero che nel design si guarda spessissimo al recupero degli anni 6. Specie quando si vuol dare alla luce prodotti filosoficamente “ottimistici” E’ stato un decennio cruciale. Lo dico perchè ho gli stessi anni dell’album con la banana dei VU 🙂
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decisamente l’anno migliore dei 60, caro spider ;oD
spesso mi chiedo se non mi trovo tanto a mio agio con quello stile e quei valori proprio per un oscuro legame anagrafico. gira e rigira, con la testa finisco spesso da quelle parti.
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>gira e rigira, con la testa finisco spesso da quelle parti.
😀
…tu guarda le combinazioni a volte 😉
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