Varianti vittoriane

Anche quest’anno il nostro post di traduzioni di stagione – un po’ in anticipo su Halloween; questioni di calendario.

Edith Nesbit
Il mistero della villetta bifamiliare

La stava aspettando; l’aspettava da un’ora e mezzo in una polverosa stradina suburbana, con una fila di grandi olmi da un lato e dall’altro qualche appetibile terreno da costruzione – e lontano a sud-ovest le ammiccanti luci gialle del Crystal Palace. Non era proprio come una stradina di campagna, perché aveva marciapiede e lampioni, ma comunque non era un brutto posto per un appuntamento; e più su, verso il cimitero, era in realtà abbastanza agreste, e quasi graziosa, soprattutto al crepuscolo. Ma da tempo il crepuscolo si era scurito in notte, e lui aspettava ancora. L’amava, ed era fidanzato ufficialmente con lei, con la completa disapprovazione di ogni persona ragionevole che fosse stata consultata. E stasera questo appuntamento semiclandestino doveva prendere il posto del colloquio settimanale sancito con riluttanza – perché un certo ricco zio era in visita a casa, e la madre di lei non era donna da svelare a uno zio abbiente, che avrebbe potuto «andarsene» da un giorno all’altro, un’unione così profondamente inappetibile come quella tra loro due.
Dunque l’aspettava, e il freddo di una sera di maggio insolitamente rigida gli entrava nelle ossa.
Il poliziotto lo superò con appena una reazione scorbutica al suo «Buonasera». I ciclisti gli passavano accanto come fantasmi grigi dotati di sirene da nebbia; ed erano quasi le dieci, e lei non era venuta.
Si strinse nelle spalle e si diresse verso il suo alloggio. La strada lo portò davanti alla casa di lei – desiderabile, spaziosa, bifamiliare – e si avvicinò a passo lento. Lei avrebbe potuto uscirne in quello stesso momento. Ma non accadde. Non c’era nessun segno di movimento nella casa, nessun segno di vita, neppure luci alle finestre. E non era gente che andasse a letto presto.
Si fermò vicino al cancello, incerto.
Poi notò che la porta d’ingresso era aperta – spalancata – e che il lampione mandava un po’ di luce nell’atrio buio. C’era qualcosa in tutto ciò che non gli piaceva – anzi, che lo spaventava un po’. La casa aveva un’aria cupa e abbandonata. Era chiaramente impossibile che ospitasse un ricco zio. Il vecchio doveva essere partito prima. Nel qual caso…
Risalì il vialetto di mattonelle dallo smalto lucido, e ascoltò. Nessun segno di vita. Passò nell’atrio. Non c’era luce da nessuna parte. Dov’erano tutti, e perché la porta era aperta? In salotto non c’era nessuno, la sala da pranzo e lo studio (due metri e mezzo per due) erano ugualmente deserti. Erano tutti fuori, evidentemente. Ma la spiacevole sensazione di non essere, forse, il primo visitatore casuale a varcare quell’uscio aperto lo spinse a esplorare la casa prima di andare via e chiuderselo alle spalle. Quindi salì di sopra e alla prima porta che incontrò accese un cerino, come aveva fatto nelle stanze di soggiorno. Proprio mentre lo faceva sentì di non essere solo. Ed era preparato a vedere qualcosa; ma a quel che vide non era preparato. Perché quel che vide giaceva sul letto, in un ampio abito bianco – ed era la sua innamorata, e la sua gola era tagliata da un orecchio all’altro. Egli non sa cosa sia successo poi, né come arrivò al pianterreno e in strada; ma in qualche modo uscì, e il poliziotto lo trovò in preda alle convulsioni, sotto il lampione all’angolo della strada. Quando lo prelevarono non riusciva a parlare, e passò la notte in cella, perché il poliziotto di ubriachi ne aveva visti tanti, ma mai uno con le convulsioni.
Il mattino dopo stava meglio, sebbene ancora molto pallido e malfermo. Ma la storia che raccontò al magistrato fu convincente, e mandarono un paio di agenti con lui alla villetta.
Non c’era folla intorno come aveva immaginato di trovare, e le tende avvolgibili non erano abbassate.
Mentre stava, frastornato, davanti alla porta, questa si aprì, e ne uscì lei.
Lui si appoggiò allo stipite per sostenersi.
«La signorina sta benissimo, vede» gli disse l’agente che l’aveva trovato sotto il lampione. «Ce l’avevo detto che era ubriaco, ma non sentiva ragione…»
Quando fu solo con lei le raccontò – non tutto – perché quello non tollerava d’essere raccontato – ma come era entrato nella spaziosa villetta bifamiliare, e aveva trovato la porta aperta e le luci spente, ed era stato nella lunga camera sul retro di fronte alle scale, e aveva visto una cosa – cercando di accennare alla quale si sentì male e crollò e dovette farsi dare del brandy.
«Ma, mio caro» disse lei, «credo bene che la casa era buia, perché eravamo tutti al Crystal Palace con mio zio, e senza dubbio la porta era aperta, perché le cameriere scappano sempre fuori quando restano sole. Ma non puoi essere stato in quella stanza, perché quando sono uscita l’ho chiusa a chiave, e la chiave l’avevo in tasca. Mi sono vestita in fretta e ho lasciato tutte le mie cose sparse in giro.»
«Lo so» disse lui; «ho visto una sciarpa verde su una sedia, e dei lunghi guanti marrone, e una quantità di forcine e nastri, e un libro di preghiere, e un fazzoletto di pizzo sulla toilette. Ecco, ho persino notato l’almanacco sulla mensola del caminetto – 21 ottobre. Questo almeno non può essere, perché siamo in maggio. Eppure era così. Il tuo almanacco è sul 21 ottobre, non è vero?»
«No, ovviamente no» disse lei, con un sorriso piuttosto ansioso; «ma tutte le altre cose erano proprio come dici. Devi aver avuto una visione, un sogno o qualcosa.»
Lui era un giovanotto della City molto normale e ordinario, e non credeva nelle visioni, ma non ebbe un giorno o una notte di quiete finché non ebbe portato la sua innamorata e la madre via dalla spaziosa bifamiliare, facendole stabilire in un sobborgo piuttosto lontano. Fra l’altro nel corso del trasloco si sposarono, e la madre andò a vivere con loro.
I nervi del giovanotto dovevano essere rimasti parecchio scossi, perché per molto tempo fu stravagante e continuò a informarsi se qualcuno avesse preso la villetta desiderabile; e quando la prese un vecchio mediatore di borsa con famiglia, arrivò al punto di fare visita al vecchio signore e implorarlo, per tutto ciò che aveva di più caro, di non vivere in quella casa funesta.
«Perché?» disse il mediatore, prevedibilmente.
E allora lui diventò così vago e confuso, tra il tentativo di dire il perché e il tentativo di non dirlo, che il mediatore lo accompagnò alla porta, e ringraziò il suo Dio di non essere così stupido da permettere che uno squilibrato gli impedisse di prendere quella residenza bifamiliare così conveniente e desiderabile.
Ora, la parte curiosa e del tutto inesplicabile di questa storia è che quando lei scese a colazione la mattina del 22 ottobre, trovò il marito di un pallore mortale, con il giornale del mattino in mano. Lui afferrò la sua – non riuscì a parlare, e indicò il giornale. E lei vi lesse che la notte del 21 ottobre una signorina, la figlia del mediatore di borsa, era stata trovata, con la gola tagliata da un orecchio all’altro, sul letto della lunga camera sul retro di fronte alle scale di quella desiderabile villetta bifamiliare.

Traduzione di Alba Bariffi
Testo originale