il manifesto milanese di cattelan

Cattelanhitler2809 siccome non lo vedremo affisso, lo ospitiamo qui, per non smentire la precedente familiarità con l’opera.

ma, voglio dire, a parte l’ignoranza comunale che impedisce di accogliere qualsiasi interrogativo suscitato dall’immagine… milano è già tanto sgradevole, non vedo che potesse fare di male il manifesto. o forse è proprio questo il problema: non ci possiamo permettere la goccia che fa traboccare il vaso.

graficamente, bilbao

si è distinta per:

il motivo curvilineo sulle strisce pedonali

il carattere «basco» (in poche minime varianti) di quasi tutte le insegne. magari se avessi visitato il museo di cultura basca al casco viejo ne saprei di più; da google invece si evince poco, se non che bisogna chiedere a thierry arnaut, il quale si è studiato il carattere e ne commercializza versioni elettroniche. a me non ricorda tanto delle lapidi medievali quanto un gusto smaccatamente anni settanta, chissà perché. comunque non è una gran bellezza.
quanto alle sonorità della lingua basca: non pervenute. in 5 giorni trascorsi fra città e montagne (bazzicando il più possibile locali e mezzi pubblici), neanche due persone che si parlassero in euskara, maledizione.
(agli avidi di manifestazioni di orgoglio basco non resta che prendere nota delle bandiere che denunciano la dispersione dei prigionieri eta in carceri lontani; e forse qualche graffito indipendentista in zone molto periferiche di bilbao.)

un sabato mattina a milano

Pink alla lush avevano capito tutto, mi hanno pure appioppato un campione di sapone rosa… annusarlo potrebbe forse aiutare un po' a riprendersi dalla mostra di paul mccarthy.  mi sono ricordata di andarci dopo aver letto susner, ed effettivamente lo spazio di palazzo citterio a brera ha dell'incredibile. ciò che ti segna di più forse è ritrovarsi a guardare il quieto, luttuoso autoritratto all'ingresso sotto la minaccia di urla terribili provenienti dal sotterraneo (terrore incombente che tutte le dementi nefandezze della decadenza messa in scena da mccarthy forse non arrivano a eguagliare – benché insomma, fra tutte le sgradevolezze organiche cui ci si può trovare di fronte a una mostra, questo è un bel vertice, va detto).

esci e per un attimo ti torna la gioia di vivere, finché non arrivi in piazza del carmine a constatare l'effetto del negozio di marc jacobs che ne monopolizza il lato sinistro: non ci sono manufatti particolarmente oltraggiosi ma il tutto stride, non va. il bar, poi, l'hanno messo all'estremità più vicina alla chiesa. se ci si aggiunge la quantità abnorme di tavolini con cui il ristorante di fronte invade il sagrato, eccoci a dire ciao ciao a una delle piazze più belle di milano (per la cronaca: poche, milano non è una città di belle piazze). 
all'angolo per fortuna resiste il negozio tradizionale delle scarpe da sciura milanese: garlando (che per la comodità consiglio, mentre quelle di mj le sconsiglio – chissà perché la protagonista delle herbes folles di resnais si va a comprare le scarpe proprio dall'americano, con tutti i negozi che ci sono a parigi).

le pulle di emma dante,

Le Pulle foto Giuseppe Di Stefano

visto sabato scorso, è stato l'ultimo spettacolo del crt al teatro dell'arte (nel palazzo dell'arte di milano).

ne avevo sentito parlare ma non ho trovato informazioni esaurienti su questo cambiamento di sede (troppo spesso paludosi e poco utili i siti italiani, specie quelli istituzionali), tranne quelle derivate una conferenza stampa del 2008 sul ritorno della gestione del teatro alla triennale, per fine locazione, e su una futura nuova sala per il crt in piazza abbiategrasso, ovvero vicino al loro storico salone di via dini (v. trafiletto di repubblica).

come lo spettacolo, il sito di emma dante è pieno di bambole assai inquietanti, andate a vedere.

 

tornando in ufficio

vedo con sgomento che il tendone della piccola scuola di circo è stato smontato e apprendo da garnant che il tg1 ha riportato la notizia del trasferimento causa costruzione parcheggio, questione che avevo ignorato o rimosso, non so, tant'è vero che oggi mi ha preso malissimo. ancor di più perché un altro adiacente muro diroccato a me caro, quello del vivaio ingegnoli, sta per essere sacrificato alla nuova sede della feltrinelli. che sarà una cosa fantastica, bellissima, moderna, lo so. sono pure contenta per la vicina di casa che non dovrà più andare a lavorare in un posto desolato e lontanissimo. ma ogni tanto ho bisogno di stratificazioni visibili, di resti urbani che ricordino la storia della città, che aprano uno spazio dove può spuntare un po' di verde – anche disordinato, anche commerciale. dopo il bosco di via gioia e i giardini di via confalonieri, dovrò rinunciare ad altri due scorci di mattoni rossi e piante nella mia vita quotidiana: non sono contenta.

souvenir da milano

eccoci qua. vita d’ufficio, episodiche fruizioni culturali e, visto il periodo, pure parecchia politica.

venerdì scorso, una mattina di sole, verso le nove e un quarto ero in piazzale maciachini a fare uno scambio di bozze con e.; nei pochi minuti d’attesa mi sono interrogata per l’ennesima volta sulla natura degli enormi tubi blu con taniche grigie che rappresentano la maggiore attrattiva della piazza, nell’aiuole erbosa centrale, e mi sono rammaricata di non avere la macchina fotografica per immortalare il raggio di sole che entrava dalle finestre dell’complesso scolastico confalonieri, mettendo in risalto i vetri polverosi e i palloncini di carta colorata attaccati sui vetri. in alto i piccioni stavano perfettamente allineati sul cornicione, sotto la torretta ornamentale e il cielo azzurro. (da quando ho letto quella frase di sebald/stendhal mi sforzo di non indulgere troppo al morbo del fotografare tutto il fotografabile, ma la parola poi mi sembra faticosa o retorica o insufficiente. forse non ho un talento descrittivo.)

sabato sono andata alla manifestazione per piazza fontana. benché in linea di principio non fossi d’accordo che ce ne volessero due, una volta istituito il corteo concentrato sui fatti – mai abbastanza assodati per l’opinione pubblica – «strage di stato» e «pinelli assassinato» (che, mi dicono, il comitato organizzatore ufficiale non aveva intenzione di sottolineare esplicitamente), siamo andati lì.  corteo partecipato e tranquillissimo, ma alla fine poca gente a sentire gli interventi in piazza santo stefano.  la coda del corteo ha preferito cercare di entrare in piazza fontana: cosa discutibile; ancor più discutibile che la piazza fosse chiusa dalla polizia; peraltro non un episodio particolarmente violento, visto che da pochi metri di distanza non si percepiva neppure (noi l’abbiamo capito dopo).
la sera, evasione: gilliam al cinema.

domenica era il mio compleanno, abbiamo fatto i turisti: a piedi in centro a vedere il giovanni battista di leonardo a palazzo marino (con coda sotto il monumento a leonardo), giro alla libreria verdi (libro), pranzo fuori. pomeriggio: miserabili di paolini allo smeraldo, gradevole.
al telegiornale, la sera: la bizzarra aggressione al «corpo del capo».

martedì, serata sul 15 dicembre al teatro della cooperativa. particolarmente interessanti gli interventi di pasquale valitutti e degli avvocati mariani e boneschi. mi piace sempre sentir parlare della nonna di valpreda. paolo rossi è vivo e lotta insieme a noi.
nella notte, pochi ardimentosi tentano di ricordare la gente inspiegabilmente morta tra le mani della polizia con scritte davanti alla questura.

stamattina, notizia del pacco bomba alla bocconi. il volantino è in uno stile bizzarro, si può leggere sul corriere.
per non pensare alla strategia della tensione, lezione di yoga, ma è l’ultima fino a dopo l’epifania.  tra poco tutto sarà panettone a perdita d’occhio.
stasera, notizia dell’arresto del  pittoresco assessore a giovani, sport, turismo e sicurezza della regione lombardia. vi mancherà prosperini punto tv?

a proposito di barbican

Barbican lights non ne abbiamo più parlato, ma l'omaggio a jacques brel carousel del 22 ottobre è stato una strana cosa… se per caso mi aspettavo qualcosa tipo ferrara: no.
la presenza nella line-up di diamanda galas, marc almond e momus poteva far pensare a un progetto un po' di ricerca, invece trattossi (a parte il corpo estraneo diamanda, l'unica a cantare non accompagnata dalla fin troppo nutrita band e dai suoi arrangiamenti ridondanti) di una rassegna piuttosto classica di artisti che avevano tutti canzoni di brel già in repertorio.  godibile, ma alla fine forse ha scontentato sia chi si aspettava una serata veramente tradizionale sia i rockettari attirati dei tre di cui sopra (le versioni di momus hanno perso la loro peculiarità; l'unico a trionfare è stato marc almond, e devo dire che è stato divertente vederlo così in forma dopo il famigerato incidente di moto. è così tirato che sembra più giovane di vent'anni fa… ma in un personaggio così, ci può stare).

più gradita, alla fine, fu l'occasione di esplorare un po' il barbican (tanto amato da fabio). mi è piaciuto pure il self-service.