sabato prossimo accompagno un amico a mettere dei dischi in un posto simpatico.

sabato prossimo accompagno un amico a mettere dei dischi in un posto simpatico.





famosa ristrutturazione degli anni 90, l’ex teatro eden è oggi un residence con interni discutibili e occasionali problemi di tubi maleodoranti (come non piccola parte di lisbona purtroppo), ma la vista dalle terrazze merita.
funghi (di carsten höller) e miniature dai plastici della prossima sede della fondazione prada in largo isarco, milano.

al mercatino di lisbona in un giorno di sole
(sto mettendo qualcosina su flickr – solo foto di iphone stavolta! ma l'hdr è il mio nuovo migliore amico, forse)
(e qui autorizzo Liquida a mettere la faccina imbronciata)
fatta una piccola coda durante la quale abbiamo debitamente acquistato un libro di ricette africane, venerdì pomeriggio io e p. ci siamo addentrati in un museo ancora affollato dall'ingresso gratuito. la collezione l'ho vista volentieri, ci mancherebbe – in particolare, direi, i boccioni – ma la delusione riguardo a spazi e allestimento è stata grande: capisco che il palazzo è lungo e stretto, ma sembra di aggirarsi tutto il tempo in corridoi, sottoscala e disimpegni dai loschi tramezzi imbottiti, dove le opere sono disposte senza grandi idee, a parte alcune nicchie scure che valorizzano meglio certi pezzi. il discorso metastrutturale (conservazione delle colonne, scala pseudo-guggenheim) risulta goffo e angusto. si tira un po' il fiato solo nel grande spazio dedicato a fontana, che da corridoio assurge perlomeno a foyer (peraltro funestato da scale mobili da centro commerciale che meglio starebbero state alla stazione centrale, dove invece, com'è noto, si sono quasi estinte). bello il panorama sulla piazza e gli scorci di palazzo reale dalle vetrate laterali, ma non proprio una ristrutturazione godibile e/o moderna, secondo me.
e chi lo sapeva che massimo zamboni scriveva libri, se non ci fosse stata venerdì una piccola pigna di il mio primo dopoguerra al libraccio (remainder, temo). l’ho preso irresistibilmente incuriosita dalle gesta del nostro nella kreuzberg delle case occupate, 1981, e devo dire che non sono stata delusa. ci sono, la curiosità urbana e storica, lo spiazzamento dell’italiano all’estero, il fascino delle rovine e del cambiamento, l’occhio critico e affettuoso insieme. nella scrittura qualche tentazione lirica, qualche tentazione criptica, ma non esagera quasi mai (esagera un po’ con la pizzeria, ma questa è un’altra storia). musica c’è, ma non sovrabbondante. lo metto nello scaffalino sulle città.
attorno all’una la libreria dei ragazzi e la libreria del corso erano posti abbastanza tranquilli e accoglienti con musica non invasiva. Nel primo non avevano neanche sentito nominare l’erbario di emilie vast, nel secondo ne avevano almeno venti copie (casomai ve ne servisse una).
in other news, è l’anno dei biscotti fatti in casa:questi qui li ha fatti la collega p., io ho prodotto degli sgorbietti di gingerbread, al centro yoga c’erano i biscotti fatti dalla figlia della titolare, ma soprattutto, l’omaggio dei grafici cool consisteva in una scatoletta con la scritta auguri in lettere di pastafrolla. improvvisamente, è tendenza.
il regalo che ci ha fatto la cineteca allo spazio oberdan è stato una rassegna in video. perlomeno io, quando mi sono decisa – schiacciata dai sensi di colpa perché mi stavo perdendo ozu – ad andare a vedere tarda primavera, di un film meraviglioso ho trovato una deprimente videoproiezione (ma all'ingresso mi hanno poi detto che la rassegna di quest'anno era tutta così).
ora, se proprio proprio non si trovano copie in pellicola e vogliamo comunque proiettare un film in video in quanto raro (ma di tarda primavera esiste addirittura il dvd italiano), per piacere scriviamo il formato sul programma, se no che cineteca è, scusate.
mah, consoliamoci con gli interni di tarda primavera e un articolo con osservazioni interessanti sugli oggetti solitari in ozu (eng).
che cos'abbiamo di bello:
la stazione centrale definitivamente trasformata in centro commerciale (con apposita campagna di affissioni).
contiene la libreria feltrinelli più grande del mondo: nominalmente ha altrettanti titoli quanti ne ha la feltrinelli duomo, ma percettivamente sembrano di meno. il piano nobile è carino e ha un corner di costosi snack biologici o inglesi (o entrambe le cose). il piano sopra è una sala eventi per metà occupata da un magazzino libri. il piano sotto ha un'aria seriamente svantaggiata irriscattabile dagli scaffali di libri per bambini.
il nuovo museo del novecento, che non ho ancora visto. raccolte voci di corridoio:
1. ci sono code all'ingresso (per un paio di mesi è gratuito)
2. il quarto stato aveva più senso al termine del percorso ottocentesco della galleria d'arte moderna che non a dare inizio a questo (benché sia in effetti del 1901).
i soliti numerosi grandi negozi dove acquistare qualcosa di grazioso per le persone amate. e dove però viene diffusa musica a un volume tale che starci abbastanza (da riuscire a comprare qualcosa) comporta sofferenza fisica. l'anno prossimo, shopping online anche per i regali.
poi, ieri sera sono tornata a piedi dalla cena natalizia aziendale (nonostante i tacchi nuovi, che si sono rivelati comodissimi), così ho guardato bene i numeroni sui grattacieli. trattasi del progetto n. 31 del festival led:*
Growing by numbers
Architettura Attuale_Paolo Cesaretti, Antonella Dedini, Guendalina Di Lorenzo
Coordinamento progetto Ing. Roberto Cigada
Grattacieli di Milano (Numero 1 Torre Galfa ; Numero 3 Pirelli 39; Numero 5 Torre FS Garibaldi
A; Numero 7 Torre FS Garibaldi B; Numero 9 Torre César Pelli)
Una numerazione progressiva delle architetture che si elevano in altezza nell’area
Garibaldi_Varesine. Nell’area che, al centro della città, è l’emblema di questa trasformazione,
contiamo i grattacieli della città che sale. E uniamo tutti i numeri con una linea ideale che
tratteggia la mappa della città del futuro.
Partner Illuminotecnico Zumtobel
Partner tecnico Clod srl
direi l'installazione più carina fra quelle che ho visto finora (vogliamo parlare degli imbarazzanti «vestiti di luce» sponsorizzati dagli svedesi in corso vittorio emanuele?) ma l'iniziativa mi pare non reggere il confronto con le luci d'artista di torino (va be', lì partivano dalla serie di fibonacci di merz sulla mole antonelliana, altro che numeroni sui grattacieli…)
* sta, ho scoperto, per light exhibition design (chevvordì?). ma comporterà anche, come immaginavo io, che siano tutti progetti con luci a led? boh, speriamo.
davanti alla borsa di milano si inserisce perfettamente nella piazzetta dall'architettura marmorea d'epoca fascista: solo da vicino rivela come dettaglio spiazzante non tanto le dita mozzate (da un arto reminiscente delle gigantesche statue romane nasce un saluto fascista mutilato in sofferto gesto di scorno), quanto le linee quasi fumettistiche del disegno (vene, unghia).
sabato pomeriggio appariva molto più seria e severa della borsa stessa, bardata di striscioni di ferragamo e luci rosse sulle statue, per una sfilata di moda.
se si lasciasse in permanenza il cattelan e si togliessero le auto, secondo me la piazza ci guadagnerebbe assai.