(scopro un paio di giorni fa), compleanno caduto proprio una settimana dopo che ero andata a londra con la scusa della angels sale di cui avevo letto… sul suo blog. (curioso, ma non più del fatto di avere un’amica che a una notizia siffatta si precipita a fare i biglietti aerei.)
comunque: londra non è affatto male sotto natale, e il tempo è stato bello. inoltre, per quanto sia qualunquista dirlo, sono lieta di essermi aggirata con cappotti abbastanza pesanti per la metropolitana di stockwell senza che nessuno mi sparasse.
ma non voglio infierire più di tanto contro la paranoia da terrorismo (anche se, ovvio, razionalmente va contrastata): per comprenderla basta passare una notte tra gatti rossi e bambini biondi in una via residenziale di stockwell, tra stufe aga e moquette color crema. è la decadenza dell’impero e ce la godiamo fino in fondo (ci priviamo solo, non si sa perché, dei miscelatori da lavandino).
la svendita è stata una strana cosa molto britannica, dalla coda letteralmente chilometrica ai giovinetti affamati (mica come da noi, dove anche l’alternativo è molto più schizzinoso) di qualsiasi fuffa usata, ossia quella rimasta per chi non era arrivato alle sei di mattina.
io non ero arrivata alle sei di mattina ma ho ugualmente rimediato vari improbabili tesori, souvenir anglofili, quattro cappelli, un soprabito pseudovittoriano da riparare e una giacchina anni 40 a cui potrei mettere i bottoni di ceramica del victoria and albert.
dopo otto anni di desideri rimandati, credo sia stato meglio andare a londra un po’ per caso, a fare shopping a spitalfields e in oxford street, lasciando perdere i miei soliti tour de force e piani quinquennali, e persino la freccia del type museum che mi occhieggiava ogni mattina. (la cosa più culturale è stato entrare a prendere un pessimo caffè alla tate modern – sopralluogo per la prossima volta. la sterlina continua a scendere in picchiata.)