alla fine è arrivato (e non è tratto da martin amis). come già si è detto, è uno history of violence 2 – non solo per l’immane presenza di viggo mortensen – dove la violenza è ancora più inevitabile e ambigua (ogni azione «professionale» del protagonista richiede prima qualche orrenda brutalità; la personalità che rimane nascosta per sempre è quella «buona»). e non mancano i rovelli cronenberghiani su indentità incerte e corpi mutanti, né i grandi attori. eppure qualcosa manca: i nessi narrativi sembrano un po’ ridotti a una serie di andirivieni in macchina e in moto, la voce fuori campo non mi ha convinto del tutto, e l’epilogo mi ha colto di sorpresa – mi pare che il finale arrivi troppo presto.
insomma sono abbastanza d’accordo con recensioni come reelviews e antagony and ecstasy.
da pochi giorni sono nuovamente in possesso di connessione domestica / ne approfitto per farti gli auguri – tardivi ma sinceri – per il nuovo anno / …anche alla componente felina della famiglia 🙂
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