i giornali li leggo poco.

ci provo, ma non ci riesco. cerco qualcosa che mi faccia pensare, mi trovo travolta dalle informazioni. li sfoglio, tengo delle cose da leggere «domani», mi arrabbio… in questo periodo, nella grande confusione su cosa-perché leggere in merito all’attualità e ai problemi del mondo, che ormai ci schiacciano con un senso di colpa individuale abbastanza difficile da gestire, la mia ancora di salvezza è il già citato commento settimanale di monbiot, per almeno due motivi: intanto scrive con chiarezza tale da infondere una sia pur minima fiducia che valga la pena di cercare, informarsi, provare a capire qualcosa, e poi dopo la lettura non si rimane annichiliti dall’oscurità del futuro ma rimane una sana voglia di parlare, discutere, al limite (stante la pigrizia del lettore medio, io) anche fare. polemica, ma stimolante. l’articolo di ieri ha questa lucidità geniale (anche un po’ da schiaffi, se vogliamo): la biodiversità merita di essere salvata perché è bella. non bisogna giustificare il bisogno di conservare le specie – quelle la cui estinzione si può evitare e sta avvenendo a precipizio per cause umane – col fatto di trovare principi attivi per i farmaci o mantenere l’equilibrio esistente negli ecosistemi, che peraltro sono in perenne mutamento. dovremmo farlo per noi, mica per il pianeta. segue un brano esemplare per inflessibile pessimismo leopardiano:

al pianeta, non potrebbe importargliene meno. è un ammasso di pietra. è abitato da grumi di molecole che si autoreplicano chiamati da noi forme di vita, il cui scopo è di invertire l’entropia il più a lungo possibile, catturando energia dal sole o da altre forme di vita. l’ecosistema è semplicemente il flusso dell’energia tra queste forme di vita. non ha valori, non ha desideri, non ha pretese. non pratica né riconosce crudeltà o gentilezza. come altre forme di vita, noi esistiamo solo per riprodurci. siamo diventati così complessi solo perché questo ci permette di rubare più energia. un giorno, la selezione naturale ci spazzerà via dal pianeta. le nostre opere non saranno neppure dimenticate: non ci sarà nulla capace di ricordare. ma una curiosa componente della nostra complessità è che in noi, come in altre forme complesse, si è sviluppata la capacità di soffrire. soffriamo quando il mondo diventa un luogo meno piacevole e interessante. soffriamo quando percepiamo la sofferenza altrui. a me sembra che l’unico scopo superiore che possiamo aspirare ad avere sia tentare di alleviare la sofferenza: la nostra e quella delle altre persone e degli altri animali. questa è di sicuro una motivazione sufficiente per qualsiasi progetto vogliamo intraprendere. è una motivazione sufficiente per la protezione delle belle arti o dei libri rari. è una motivazione sufficiente per la protezione delle forme di vita rare. la biodiversità, in altre parole, è importante perché è importante. se vogliamo proteggere la natura, dobbiamo farlo per noi stessi. non è necessario pretendere che qualcos’altro ci spinga a farlo. non è ecessario far credere che qualcuno abbia un assoluto bisogno della protea reale, del rospo d’oro o dei sifaka per sopravvivere. ma possiamo dire che, per quanto ci riguarda, senza di loro il mondo sarebbe un posto più povero.